COPERTURA SUL TERRAZZO DEL CONDOMINIO: VA RIMOSSA SE NON RISPETTA I CRITERI IMPOSTI DALL’ASSEMBLEA
- Gabriele Deodati
- 13 giu 2023
- Tempo di lettura: 2 min
Vivere in condominio significa rispettare una serie di regole, sia di comportamento che di uso, gestione e intervento su tutte quelle parti del condominio che sono di proprietà comune.
In questa cornice si inserisce il concetto di decoro architettonico, la cui tutela è prevista nei casi in cui il condomino ne faccia un uso illegittimo, compromettendone l’aspetto esteriore con innovazioni che alterino il decoro architettonico del fabbricato.
La legittimità di realizzare tali opere incontra diversi ostacoli:
i divieti previsti all’interno del regolamento di condominio;
i divieti previsti dal piano regolatore della città;
i divieti previsti dalla norme del codice civile e/o altre normative di settore.
Inoltre, in caso di proprietà esclusiva del lastrico solare, la realizzazione di nuove opere nell’area sovrastante il fabbricato da parte del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio è disciplinata alla stregua dell’art. 1127 c.c. All’interno di tale norma, rientra la trasformazione dei locali preesistenti per mezzo dell’incremento delle superfici e delle volumetrie, indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato.
Il problema diventa quindi capire quando possa parlarsi di uso illegittimo, poiché questa valutazione compete il giudice che la effettua caso per caso.
Proprio questo aspetto è stato affrontato dalla Cassazione con la recente sentenza n. 12795 pubblicata l’11 maggio 2023.
La vicenda
La proprietaria di un attico aveva chiesto (e ottenuto) dall’assemblea condominiale l’autorizzazione per installare una pensilina a parziale copertura del proprio terrazzo a livello.
Successivamente ad un frazionamento dello stesso immobile, la proprietaria aveva però fatto costruire un’opera del tutto differente da quella autorizzata, realizzando di fatto una vera e propria veranda con struttura in vetro e muratura e dotata di copertura non più in lamiera (come autorizzato dall’assemblea) ma in polistrato.
Per questo motivo, il condominio aveva deciso di citare in giudizio la condomina (colpevole di aver costruito un’opera del tutto diversa da quella autorizzata) ricevendo però il rigetto della propria domanda sia in primo che in secondo grado.
In particolare, i giudici basavano questa decisione sul presupposto che il manufatto realizzato, seppur in parziale difformità da quello assentito, non pregiudicava in alcun modo l’aspetto esteriore del condominio, inserendosi i materiali utilizzati perfettamente nell’architettura dell’edificio. Inoltre, sempre secondo i giudici la veranda, per come era stata realizzata, non incideva né sull’aria né sulla luce dei piani sottostanti, e rispettava i parametri di ammissibilità della normativa antisismica.
La decisione della Cassazione
Dopo la doppia sconfitta in sede di merito, il ricorso del condominio viene accolto dalla Cassazione.
La ragione che ha portato a questa decisione è che la corte di appello ha sbagliato nel non disporre la rimozione dell’opera realizzata sul lastrico di proprietà esclusiva della condomina, sul presupposto che dalle fotografie prodotte in giudizio non risulta alterato l’aspetto architettonico dell’edificio.
Difatti, l’aspetto che doveva essere valorizzato era che l’opera realizzata costituisce, in realtà, un vano chiuso e non la tettoia autorizzata dal condominio, circostanza non presa in considerazione dal giudice del gravame. Occorre evidenziare che il regolamento contrattuale che vieta ogni opera tale da modificare l’originario aspetto del fabbricato stabilisce una tutela pattizia ben più intensa di quella apprestata dal codice civile al decoro architettonico.
In altre parole, il giudice del merito non può e non deve limitarsi a verificare il mero impatto dell’opera sul decoro architettonico dell’edificio; il regolamento condominiale di natura contrattuale che tutela l’originario aspetto del fabbricato pone infatti un vincolo più stringente, al punto che ogni opera esterna integra di per sé una modifica non consentita dell’assetto originario.
Fonte immobiliare.it






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