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AFFITTI BREVI, TUTTO FERMO: BRACCIO DI FERRO TRA SALVINI E SANTANCHÈ

  • Immagine del redattore: Gabriele Deodati
    Gabriele Deodati
  • 2 ott 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Non è ancora il momento di mettere un punto fermo sulla nuova regolamentazione degli affitti brevi. Le norme che il Governo sta disegnando, per imprimere una stretta al settore, sembravano in procinto di diventare un decreto legge dell’esecutivo, dunque una formula “forzata” che andrebbe convertita in legge entro 60 giorni dall’approvazione. Ma poi è arrivato il dietrofront. E adesso i tempi si allungano ancora.

Gli affitti brevi restano fuori dal Consiglio dei Ministri

In molti pensavano che il provvedimento, sotto forma di decreto, venisse approvato nel Consiglio dei Ministri dello scorso 25 settembre. Ma così non è stato. E stando alle dichiarazioni pubbliche degli interessati, è piuttosto evidente che a mettersi di traverso sia stato il ministro dei Trasporti, nonché vicepremier, Matteo Salvini, desideroso di non complicare troppo la vita ai tanti proprietari di seconde o terze case che hanno investito in appartamenti da destinare alle locazioni brevi (molti dei quali vivono tra Piemonte, Lombardia, Firenze, Liguria e Veneto, bacini elettorali pesanti per la Lega).

Sul fronte opposto c’è Daniela Santanchè, ministro del Turismo, pronta a mettere il proprio timbro su un provvedimento di cui si discute da tempo, sostenuta compatta dal settore del turismo ricettivo. Vediamo nel dettaglio le posizioni.

Scontro aperto tra Salvini e Santanchè: i nodi da sciogliere

I punti principali del testo si conoscono da giorni e si possono riassumere così: i proprietari che affittano tramite Airbnb e altri portali simili possono farlo per un minimo di due notte consecutive, ma per una notte sola il turista o il lavoratore in trasferta deve ricorrere per forza a una struttura ricettiva (hotel, B&b o Casa Vacanza registrata come attività ricettiva).

Ogni persona fisica può possedere soltanto due alloggi da destinare agli affitti brevi, mentre a partire dal terzo immobile occorre aprire una partita Iva, così da identificare l’attività come imprenditoriale. In più, sembra si vogliano introdurre “paletti” circa le dotazioni obbligatorie di sicurezza dell’appartamento (dispositivi antincendio, tra cui il rilevatore di monossido di carbonio, come avviene per gli hotel).

E poi, tutta una serie di pratiche burocratiche, tra cui l’ottenimento di un codice identificativo nazionale per ciascun appartamento, così da ottenere una banca dati trasparente sul fenomeno e arginare l’affitto “in nero”. Un codice, meglio ricordarlo, già istituito in alcune parti d’Italia, tra cui la Lombardia, dove i proprietari devono ottenerlo tramite il portale “Ross 1000”. Una procedura che ha già fatto assaggiare a migliaia di proprietari la lentezza e farraginosità dell’iter.

Un aiuto per gli albergatori

Qual è il senso generale della manovra sugli affitti brevi? Da un lato, alla “stretta” sugli affitti brevi è stata data una valenza sociale. In sostanza, troppi proprietari di casa, da Milano a Firenze da Venezia a Bologna, rinunciano a locare gli immobili agli studenti o alle famiglie, con gli affitti tradizionali, allettati dal maggior guadagno promesso dalla “formula Airbnb”.

Questo finisce per svuotare i centri storici e concorre a tenere troppo alti i canoni. Ecco perché, almeno nelle prime settimane del dibattito, l’intervento era stato sostenuto dal ministro per l’Università Anna Maria Bernini.

Ma il testo ha in prevalenza una motivazione economica e dovrebbe correggere una sorta di “concorrenza sleale” che i proprietari di casa fanno nei confronti degli alberghi, già fiaccati da anni di crisi post Covid. Ecco perché, tra le sigle che hanno accolto con maggior favore l’iniziativa, ci sono Confindustria Alberghi, presieduta da Maria Carmela Colaiacovo, Federalberghi, addirittura dal 2000 guidata da Bernabò Bocca, o le associazioni del turismo organizzato come Federturismo.

C’è in ballo la libera proprietà privata

Dall’altro campo c’è, come detto, la Lega di Matteo Salvini. Disponibile a trattare, ma deciso su un concetto di fondo. Salvini ha parlato chiaramente durante l’assemblea annuale di Assimpredil-Ance, i costruttori edili di Milano, Lodi, Monza e Brianza, sostenendo che in “un Paese libero il proprietario di due, tre o quattro case deve scegliere come meglio metterle a reddito, senza che sia lo Stato a imporgli una soluzione”. E in aggiunta, il vicepremier ha detto di avere in mente un piano-casa, per facilitare l’affitto o la proprietà, “ma rivolto alle famiglie, non certo agli studenti attendati davanti al Politecnico”.

Di fronte al muro di Salvini, il ministro Santanché è stato costretto a tirare il freno. Quindi ha specificato di non aver mai voluto andare di fretta, tramite un decreto legge, ma che su tutta la questione occorre trovare un accordo in Parlamento. Ecco perché i tempi per il provvedimento sembrano allungarsi nuovamente.

La posizione di Giorgia Meloni

Giorgia Meloni sembra defilarsi sul tema, in attesa che si decida una partita che, almeno politicamente, appare interna a un “pezzo” del centrodestra. Un pezzo cui non è estraneo il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca, dal 2013 al 2018 collega di Santanché in Parlamento, entrambi tra le fila del Popolo delle Libertà.

È probabile che si giungerà a una mediazione, in cui la Lega accetti tutti gli aspetti burocratici (codice, registri, obblighi di sicurezza), ma pretendendo in cambio che salti almeno uno dei paletti più vincolanti: o quello sul “minimum stay” (il minimo di 2 notti) o quello sul numero massimo di case, prima di dover aprire la partita Iva.

Fonte immobiliare.it


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