AFFITTI BREVI, ANCHE I PORTALI ONLINE DEVONO RISCUOTERE LA CEDOLARE SECCA
- Gabriele Deodati
- 2 nov 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Anche Airbnb e gli altri portali di prenotazione online devono riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 9188 del 24 ottobre 2023. Accolto l’appello presentato da Agenzia delle Entrate contro la sentenza del TAR favorevole a Airbnb. Una pronuncia molto attesa, che recepisce le indicazioni già fornite della Corte U.E. nel dicembre scorso.
Cedolare secca e affitti brevi
La questione riguarda il regime fiscale per le locazioni brevi introdotto dal decreto legge del 24 aprile 2017, n. 50. La norma prevede l’obbligo per le società, come Airbnb, che gestiscono portali telematici che mettono in contatto persone in cerca di un immobile da locare, di operare una ritenuta del 21% sull’ammontare dei canoni e corrispettivi all’atto del pagamento, da versare poi al Fisco.
Prevede, inoltre, che chi svolge attività di intermediazione immobiliare o gestisce portali telematici, se residente in Italia o qui ha una stabile organizzazione, dovrà operare come sostituto d’imposta. Nel caso in cui il medesimo soggetto non risieda in Italia e sia riconosciuto privo di una stabile organizzazione, lo stesso sarà tenuto a nominare un rappresentante fiscale per adempiere agli obblighi fiscali in qualità non già di sostituto d’imposta, bensì di responsabile d’imposta.
Tutti obblighi che Airbnb si è rifiutata di adempiere, ritenendo la normativa italiana discriminatoria e in contrasto con la legislazione europea.
La sentenza del Consiglio di Stato
Ora, il Consiglio di Stato potrebbe aver messo fine alla vicenda. O almeno questo è ciò che spera Federalberghi, che ha accolto con soddisfazione la sentenza.
“Federalberghi è intervenuta nel giudizio al fianco dell’Agenzia delle Entrate per promuovere la trasparenza del mercato – si spiega in una nota – nell’interesse di tutti gli operatori, perché l’evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza. Confidiamo che il pronunciamento del Consiglio di Stato metta la parola fine a una telenovela che si trascina da più di sei anni, durante i quali Airbnb si è appigliato a ogni cavillo pur di non rispettare le leggi dello Stato“.
A quanto ammontano i mancati introiti
Federalberghi parla di 500 milioni di euro di tasse non versate da Airbnb al Fisco italiano, sottolineando anche che “il mancato versamento delle imposte è solo uno dei tanti problemi generati dal far west degli affitti brevi” e auspicando “regole, controlli e sanzioni, per tutelare i clienti, i lavoratori, i cittadini e le imprese“.
La Corte di Giustizia europea
Il Consiglio di Stato, come detto, recepisce pienamente quanto già stabilito dalla Corte di Giustizia europea il 22 dicembre 2022. Il regime fiscale italiano – secondo la Corte UE – può chiedere di raccogliere informazioni e dati sulle locazioni effettuate, e soprattutto di applicare la ritenuta d’imposta alla fonte prevista dal regime fiscale nazionale. In linea, peraltro, con una normativa europea più stringente verso le piattaforme digitali. Infatti, dal 1 gennaio 2023 i codici fiscali dei locatori, i redditi percepiti e i dati catastali degli immobili affittati devono essere comunicati all’agenzia delle Entrate.
La posizione di Airbnb
Airbnb prende atto della decisione del Consiglio di Stato. “Stiamo analizzando la sentenza e valutando le iniziative più opportune da intraprendere”, si legge in una nota, in cui si ribadisce la volontà di “collaborare con le autorità in materia fiscale” e di supportare “il corretto pagamento delle imposte degli host applicando la normativa europea di riferimento sulla rendicontazione, nota come Dac7“.
Fonte immobiliare.it






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